Testimonianze

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LA SPIRITUALITA' COME LA CONCEPISCO IO (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.1/2024)

La vita mi condusse, molti anni fa, a conoscere la malattia della dipendenza. Nella mia famiglia il malessere serpeggiava da anni ed io cercavo di alleggerirlo con la mia creatività fino a quando fui costretta ad affrontare la realtà, davanti ad un debito di 70 milioni che il mio familiare fu finalmente costretto a confessare. Era appena nata la nostra terza figlia ed iniziò un periodo davvero difficile ma altrettanto ricco di possibilità. Si alternavano in me momenti di disperazione con altri in cui ero stranamente serena. Era come se sentissi che su di me ci fosse qualcosa o qualcuno che mi proteggeva: una forza Superiore che mi guidava. Iniziò per me un cammino nei gruppi della Fratellanza nei quali si parlava di un “Potere Superiore”. La mia sponsor mi spiegò che potevo concepire il Potere Superiore in tanti modi, anche come la forza del gruppo. A quei tempi la dipendenza nella mia famiglia si chiamava alcol, dopo anni si rivelò con la tossicodipendenza di uno dei miei figli. Mi buttai alla scoperta di questo Potere Superiore ed inparticolare con l’undicesimo passo si accendeva in me una spinta a sperimentare le varie forme di meditazione e di preghiera. Cos’era la spiritualità? Questa parola che mi stimolava, mi riempiva e verso la quale ero sollecitata sempre più a ricercarne il significato? Ora la trovo in ogni “ dove”: siamo attorniati di spiritualità, ne siamo impregnati perché siamo esseri spirituali. Mi sento di affermare che il fine della vita è proprio ritrovare quella parte dentro di noi e che, quando la contattiamo arriva la serenità, la gioia ed iniziamo a sentirci più completi. Io la trovo negli alberi, nei boschi, nei fiori, in tutte leforme di vita se solo mi concedo il tempo di immergermi nella natura, di respirare il canto di un ruscello o il profumo degli alberi e del vento. La ritrovo quando mi permetto di fermarmi in un attimo di silenzio, mi ascolto con la mano sul cuore e lì vi respiro. Allora in quello spazio di meditazione posso comprendere i motivi di una preoccupazione, di un disagio, posso trasformarli e lasciarli andare affidandoli. Una storiella che mi piace, racconta di come Dio abbia scelto un luogo dove nascondersi per bene, affinché l’uomo che volesse cercarlo dopo tanto peregrinare, lo potesse infine scoprire dentro di sé: nel profondo del suo cuore! Un posto dove lui non lo avrebbe mai cercato. Questo è il mio modo di concepire la presenza del Potere Superiore così come quando leggo una pagina della nostra letteratura ne medito le parole e la faccio mia. Infine osservo, nel mio quotidiano, che quando scelgo di togliere il controllo dal mio dipendente, “ rinunciando” a dirigerlo, a soccorrerlo, a giudicarlo incapace di fare da sé, allora quell’energia è disponibile per me. È disponibile per la mia crescita, ritrovo la mia forza e mi riallineo col senso della mia vita. Rinunciando ad interferire nella sua vita dono a lui la possibilità di riprendersi in mano la sua, augurandogli sempre un buon cammino alla ricerca di sé.

Grazie!

Mariachiara

IN FA, DOPO TANTA SOFFERENZA, HO TROVATO LA MIA SERENITA' (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.1/2024)


FA è crescita personale, è rinascita, è riscoprire la serenità e la sanità mentale perduta… E solo ora, dopo 15 anni di sofferenze e di una pesante co-dipendenza causata dalla tossicodipendenza di mio fratello, so veramente cosa significhino queste parole e quanto importanti siano nella mia vita. Quei 15 anni hanno racchiuso anche tutta la mia adolescenza e quando penso ad un adolescente la prima parola che mi balza alla mente è spensieratezza, probabilmente perché è quella che più mi è mancata e in cui invece hanno preso posto preoccupazioni e angosce che ho respirato in tutti i giorni della mia convivenza con un tossicodipendente. Avrei fatto di tutto per lui, gli avrei dato i miei stessi occhi per vedere quanto era bella in realtà questa vita pulita. Volevo cambiarlo, volevo essere io stessa, in prima persona a convincerlo che quella che stava vivendo non era la vita vera, tanto da accantonare quelle che erano le priorità della mia stessa vita. Ero talmente legata a lui che sentivo il dovere di aiutarlo, era come se non vivessi come singolo individuo, ma mi sentissi parte di lui, la metà della stessa mela, e anche se a tratti capivo quanto fosse sbagliato, mi ripetevo che dopotutto era mio fratello e questo mi dava  a forza di prendermi una responsabilità che solo oggi capisco non sia mai stata mia. Per noi famigliari di un tossicodipendente la paura più grande, la più difficile da affrontare e accettare, è il rischio della sua morte. A soli 24 anni mi sono trovata di fronte anche a questa triste e drammatica realtà. Mia cugina, la più cara amica a cui sono stata legata fin dalla nascita, è morta di overdose. In quel preciso istante tutte le mie speranze crollarono e tutta la mia rabbia si amplificò, tanto da portarmi a toccare il mio fondo, sia fisicamente che mentalmente. Nonostante tutte queste esperienze, la voglia di crederci, ancora una volta, che dalla tossicodipendenza si può guarire, arrivò conoscendo il mio attuale compagno, al tempo sobrio, ma con molti momenti altalenanti ed, in un battito di ciglia, mi sono ritrovata coinvolta nelle stesse dinamiche che affrontavo con mio fratello. Con lui però, nonostante avessi scelto di seguire il mio cuore rimanendogli accanto, si aggiunsero l’angoscia verso il futuro, la paura di non aver fatto la scelta giusta, il timore di dire o fare cose sbagliate che avrebbero peggiorato la sua situazione. La sua dipendenza, i suoi sbalzi di umore, i suoi momenti neri mi stavano riportando a non credere più nella relazione che stavamo costruendo, perchè mi rendevo conto di non aver più in mano le redini della mia vita, ma soltanto l’ossessione di controllare e cambiare la sua. Essere compagna di un dipendente era un’altalena di emozioni e di guai, ma ad oggi, grazie a Familiari Anonimi, sento di avere più consapevolezza di come gestire me stessa nelle situazioni che si presentano giornalmente. Quando entrai nella stanza di FA mi sentivo tutto il peso sulle spalle del dolore che provavo per non riuscire ad aiutare i miei dipendenti, al quale si è aggiunto il lutto della mia più cara amica, che ho compreso, non aver mai metabolizzato in modo sano e per questo ho capito di aver estremo bisogno di aiuto e soprattutto, di avere piena necessità di pensare al mio benessere

personale. Quando entrai in quella stanza mi sono sentita a casa circondata da persone che parlavano la mia stessa lingua. Mai mi era successo prima di quel giorno. Ascoltavo e riflettevo su ogni frase che veniva detta, poi ho iniziato anche a mettere in pratica il programma lavorando i passi e ascoltando le condivisioni dei più “anziani” del gruppo, piano piano, mi sono accorta che anch’io iniziavo a mettere in pratica dei piccoli cambi di atteggiamento nella mia realtà di tutti i giorni, non solo con i miei dipendenti, ma con tutte le persone presenti nella mia vita. Sto imparando a scrollarmi di dosso il senso di colpa e l’ossessione del controllo, poichè ho capito di essere impotente sulle vite di altre persone. Sto imparando a frenare la tentazione del giudicare e di utilizzare il sarcasmo, difetti caratteriali che dominavano in me. Sto imparando il vero significato del tempo, ogni persona ha le sue tempistiche e i suoi bisogni, che devo rispettare e io per prima devo rispettarmi. Sto imparando a lasciare andare con amore la persona o la situazione che potrebbero ostacolare il mio recupero. Sto imparando che questo è un vero e proprio recupero personale. I miei dipendenti hanno il loro e io, finalmente, ho trovato il modo di seguire il mio. Mi ringrazio ogni giorno per aver trovato la forza e il coraggio di ammettere di avere bisogno di aiuto, di essere tornata al gruppo anche quando non ero convinta, perchè ad oggi non mi chiedo più se devo o non devo andare, sento che lo voglio e che solo la mia costanza nel lavorare il programma potrà aiutarmi ad avere una vita serena e delle relazioni sane con i miei dipendenti.

Elisa - FA Thiene

TRASFORMARE IL RIFIUTO IN DISTACCO CON AMORE (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.2/2024)

Sono la mamma di un tossicodipendente in uso da 12 anni. Anni di inferno per lui, per la mia famiglia, per me che sono diventata l’ombra di me stessa. Prima della tossicodipendenza non sapevo cosa fosse la paura, la rabbia, la violenza, l’impotenza, la depressione, la delusione, la vergogna, lo stritolamento del corpo e dell’anima. La droga ha inghiottito anche me risucchiandomi in un vortice nero senza soluzione di continuità. Guardo mio figlio e ho un senso di repulsione per lui e per la vita che conduce ma anche dolore di sapere che lui, proprio lui, vive nel degrado ed è venditore di morte. Frequentando FA in questi ultimi sei anni ho capito tante cose ma per il cambiamento ci vuole tempo. Però quando si è pronti ti accorgi, come è successo a me, che potevo dire no. No alla droga, no ai maltrattamenti, no al servilismo inutile e distruttivo. Con mio marito lo abbiamo messo fuori casa anche se la situazione non è cambiata di molto. La rabbia ha continuato a distruggere tutto ciò che mi circonda. Poi mi sono imbattuta nella testimonianza di una donna malata, abusata che ha avuto il coraggio di denunciare e nonostante le profonde ferite dell’anima ha saputo chiedere aiuto. Sebbene la sua vita sia stata distrutta dagli eventi ora che ha detto un no deciso a quello che l’ha devastata agisce da donna libera. Ha riacquistato la sua dignità perché qualcuno le ha detto che la sua vita ha un valore e lei si è data il permesso di crederci. Noi mamme e papà, fratelli e sorelle, compagni, amici di tossicodipendenti siamo persone che valgono. La droga si è insinuata nelle pieghe della nostra vita facendoci credere che tutto è distruzione, invece quelli che si distruggono sono i nostri cari sui quali non abbiamo nessun potere. Il tuo no deve venire da dentro. La libertà è una scelta, uno stato interiore che ci mette al disopra degli eventi. E oggi scelgo di essere una persona libera. Usando gli strumenti di FA, facendo l’inventario personale di me stessa e arrivando a credere che solo un potere più grande di me possa ricondurmi alla ragione mi sono ricordata che questo potere superiore vuole che io viva nella gioia di sapermi amata. Il senso della vita è celebrare la vita e non soccomberead essa. Sto cercando in tutti modi di mettere una distanza fisica ed emotiva tra me e mio figlio tossicodipendente e trasformare il rifiuto in quel distacco che mi permetta ancora di amarlo. L’ho affidato alle cure del mio potere superiore affinché vegli su di lui e non lo lasci mai solo perché io ora non posso accompagnarlo più all’inferno. Sarò sempre la sua mamma e quando avrà bisogno di me se vorrà prendersi cura della sua salute e non della sua morte io ci sarò in cordata con gli amici di FA perché lo scelgo, perché sono libera, perché mi troverà forte e sarò credibile quando gli dirò che, al contrario di quello che pensa e dice, la vita non fa schifo ma vale la pena di essere vissuta. Il mio volto sereno gli darà testimonianza. Lasciandolo andare avrò ripreso a vivere.

Emanuela - FA Roma EUR Laurentina

OGGI SONO LIBERA DA OSSESSIONI E PAURE (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.2/2024)

Ciao a tutti, sono Maria FA.

Oggi, dopo oltre 10 anni di assidua frequentazione e un costante lavoro interiore, sono consapevole di avere la sola responsabilità del mio corpo e delle mie relazioni. Posso scegliere di essere in pace o in conflitto con me stessa e con ciò che non mi piace di me. È stato il mio vecchio modo di pensare ad intossicare (drogare) il mio corpo con il veleno prodotto da rabbia, ostinazione e tristezza, mantenute in vita 24 ore al giorno dalla negazione di ammettere di avere anche io un disturbo. Tanti miei comportamenti erano errati e mi impedivano di vivere la mia esistenza. Oggi sono felice e grata di poter dire a chi mi circonda che, grazie al programma dei 12 passi di FA, sono libera dalle ossessioni e dalle paure che mi impedivano di amarmi e amare la vita. Ho smesso di spronare gli altri, oggi ispiro e accetto con grazia ciò che è destinato a me. Essere in armonia con la Vita, avere la forza di superare eventi inaspettati con serenità è ciò che desidero. Continuo ad esserci perché voglio anche io creare un cerchio di amore .

Grazie per questa possibilità. Serene 24 ore a tutti.

Maria FA

I NOSTRI INCONTRI (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.3/2024)

Inizia tutto con un messaggio: solito posto, solita ora. Io, che arrivo direttamente dall’ufficio. Indosso ancora abito e tacchi. Tu, che mi vieni incontro avvolta in giubbotti o felpe più grandi di te, quasi a proteggere o nascondere i tuoi 40 Kg. o poco più, di peso. A guardarci, così diverse. Entrambe nel proprio estremo, ma entrambe, a proprio agio. Siamo una strana coppia. È sempre poco, il tempo in cui stiamo insieme. Tu sei sempre di fretta, devi scappare a fare qualcosa. Chissà poi cosa. Io non chiedo, preferisco rimanere all’oscuro e tu preferisci lasciarmi fuori dal tuo mondo. In quei pochi minuti, parliamo, piangiamo e ci abbracciamo. Sembriamo 2 amanti clandestini, che non possono vivere una vita insieme, alla luce del sole. In realtà, alla luce del sole ci sono solo io, perché con fatica sono uscita dalle tenebre. Tu, sei ancora là. La nostra comunicazione ormai è priva di veli, perché la verità la conosciamo bene, non abbiamo più bisogno di indossare maschere. È schietta, sincera, dolorosa, ma sprigiona lo stesso amore. Un amore sincero nel suo dolore, un amore libero nelle proprie scelte, un amore con condizioni, per un rispetto reciproco.

Paola, Gruppo Milano Wagner

IL PROGRAMMA DEI 12 PASSI “Funziona se....” (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.4/2024)

Il Gruppo è sempre fonte di riflessioni e il contributo di ognuno consente a tutti una maggiore apertura al cammino dei 12 Passi ed una continua crescita spirituale: nelle riunioni condividiamo, ci riferiamo sempre alla presenza del Potere Superiore e ne traiamo forza e fiducia.

Spirituale è la dimensione “altra” in cui avviene la nostra trasformazione, il nostro cambiamento che, senza il nostro diretto intervento, accade solo ed esclusivamente se ammettiamo la nostra impotenza (l’ego cade), accettiamo l’esistenza di un Potere Superiore così come possiamo concepirlo (umiltà) e accettiamo la Sua Volontà qualunque essa sia (fiducia). Nel cammino spirituale dei 12 Passi è evidente quindi che la nostra mente ha ben poco da fare e il suo lavoro non consiste nel capire; ciò che serve è la comprensione (che “illumina” anche la mente) e non consiste nel cambiare noi stessi perchè abbiamo fiducia che lo farà il Potere Superiore. Nei 12 Passi la nostra mente ci è utile a comprendere e a mettere in pratica alcuni strumenti che FA ci suggerisce, come ad esempio i limiti, ma per tutto il resto, per tutto ciò che nella nostra esistenza deve avvenire e il cui scopo è consentirci di evolvere spiritualmente, la mente non serve e i 12 Passi ci invitano continuamente, infatti, a lasciare andare l’ego. Ecco allora che l’ego si sbriciola, quando ammettiamo la nostra impotenza, diventa minuscolo se scopriamo la nostra umiltà dinnanzi a un Potere Superiore Spirituale e perde importanza, appena troviamo la nostra piena fiducia nella volontà del Potere Superiore, qualunque essa sia. Durante uno dei recenti incontri del nostro gruppo abbiamo così riflettuto sul fatto che, per il nostro cambiamento, sebbene sia importante frequentare le riunioni, lavorare i Passi e avere lo sponsor, ciò che in realtà fa la differenza affinchè i 12 Passi si realizzino veramente in noi e nella nostra vita è la nostra apertura e disponibilità verso un Potere Superiore, così come possiamo concepirlo. Per alcuni il Potere Superiore potrà essere un medico o un poliziotto, oppure il gruppo, l’Universo, Dio e quant’altro....È così che il Potere Superiore può iniziare ad agire nella nostra vita e in quella dei nostri cari e

può farlo perchè la nostra mente/volontà si è messa da parte e non poniamo più ostacoli (aspettative, emozioni e pensieri distruttivi, ecc.) alla sua amorevole volontà. Il Potere Superiore è già dentro di noi e attende solo che lo liberiamo dalle sbarre che la nostra mente pone al suo manifestarsi: il primo, secondo e terzo Passo servono ad aprire la porta (il cuore) al Potere Superiore, perchè possa realizzare la sua volontà nelle nostre esistenze. Il quarto Passo ha unicamente lo scopo di realizzare in noi quel “conosci te stesso” e invitarci ad accettarci amorevolmente, per poi presentarci nella nostra totalità al Potere Superiore (quinto Passo), accettando e chiedendogli con umiltà che sia lui ad eliminare i nostri difetti (sesto e settimo Passo). Accade così che ci scopriamo nuovi, siamo noi ma trasformati, “il bello e il brutto” dentro di noi si sono integrati e armonizzati, abbiamo accettato e amato ciò che siamo “nel bene e nel male” e il Potere Superiore – che ci ama incondizionatamente – ci ha donato la nostra rinascita come persone nuove. Attraversiamo i Passi ottavo e nono per fare entrare la giustizia nella nostra vita; procediamo con il decimo Passo, osservando ancora e solo noi stessi e consentire così alla comprensione e alla consapevolezza di continuare a trasformarci e, con l’undicesimo Passo, confidiamo che il Potere Superiore ci sostenga sempre nell’accettare la sua volontà qualunque essa sia. Questo è il risveglio spirituale che ci promette il dodicesimo Passo e che possiamo sperimentare quotidianamente nella vita, grati al Potere Superiore di poterne portare il messaggio tra le persone in cerca di aiuto. Ecco allora che lo slogan “Se lo lavori funziona!” diventa completo, affermando “Funziona se lo lavori e se accetti la Volontà Superiore di un Potere Spirituale”: la mente, pur con tutte le sue migliori facoltà, non può competere con il Potere Superiore dentro di noi, che può tutto, se lo lasciamo entrare nelle nostre vite.

Buon cammino con i 12 Passi,

Anna FA Udine

Una speranza di vita. “Credere” può cambiare tutto (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.5/2024)

Ho conosciuto il mio familiare nel 2020. Appena uscito di comunità per tossicodipendenza.

“Beh” pensai “se è uscito, dopo 7 anni, è a posto”. Non conoscevo la malattia. Conoscevo altri tipi di dipendenze, ma non questa. Nel giro di pochi mesi la conobbi: mi scontrai con l’ambiguità che si faceva sentire pesantemente anche se in modo discontinuo: le promesse, le bugie, i tradimenti e le giostre. Sulle giostre ci salivo continuamente perché il mio linguaggio dell’amore è il dialogo, per cui usavo quello come mezzo per comunicare con il mio familiare. Ma non sapevo che stavo parlando con la sostanza, per cui perdevo sempre io. Ricevevo solo giustificazioni, permalosità o addirittura mi sentivo incolpata di cose su cui sapevo di aver ragione. Al termine di ogni litigata il mio familiare finiva sempre con il convincermi che mi stavo sbagliando. Non capivo che il mezzo che usavo era proprio quello da non usare. Dire meno o non dire niente era difficilissimo per me. Lo capii molto tempo dopo, frequentando FA. Ci lavorai molto. Ancora non sono così brava. Passarono quasi due anni. Al termine dei quali, dopo un episodio di palese tossicodipendenza attiva, in cui trovai il bagno in condizioni disperate, lasciai il mio ragazzo, e con lui ogni speranza che la nostra relazione potesse diventare ciò che avevo da sempre sognato. Invocai con tutte le mie forze il mio Potere Superiore “o fai qualcosa Tu adesso o io non ce la faccio”. Smanettai su internet e trovai il numero di FA. Mi accolsero come fossi una figlia, già al telefono. In FA mi dissero che non avrei potuto fare scelta migliore. Sperai che il fatto di averlo lasciato lo potesse far tornare alla ragione, ma non capivo che lui doveva toccare il suo fondo, che era ben diverso da quello che potevo immaginarmi. Perse la casa, la macchina, il telefono, il lavoro, la famiglia e me. Non fu sufficiente. Scelse la strada. Quei mesi furono eterni, ogni giorno lo era. Non solo per la paura che mi divorava quando, incapace di ascoltare il cuore, mi affidavo alla mente (che ...mente) ma anche per le persone di cui ero circondata: più passavano i giorni, più mi consideravano folle per quello che ancora provavo per questo ragazzo. “Chi te lo fa fare di stare qui ad aspettarlo?”. Non sapevano che dietro la tossicodipendenza si nascondeva qualcosa di meraviglioso, che io avevo intravisto. Solo in FA ho sentito dire cose simili, e mi sono sentita capita e creduta! Nelle riunioni settimanali ho tratto la forza per crederci, con tutte le mie forze, anche quando sentivo che se ne andavano come un rigagnolo d’acqua. Ho smesso allora di parlare con la gente, ho ridotto il cerchio sempre di più. Mi sono fatta violenza e da quel momento in poi alla domanda “come va? hai notizie?” mi sono auto-imposta di rispondere con il sorriso cose superficiali, vaghe e ho imparato a cambiare discorso. Ho imparato la grandezza della parola “CUSTODIRE”. Ho imparato che erano affari miei. Affari suoi. E affari nostri, i sentimenti che provavamo reciprocamente.

Lui aveva una malattia, l’amore che sapevo avesse per me era ALTRO. Oggi il mio familiare ha deciso di recuperarsi davvero e tra pochi mesi ci sposiamo.

Questi sono i miracoli che avvengono in FA. Nulla è perduto. Basta crederci.

Silvia

Gruppo FA Verona

“Ora, mi prendi in braccio e mi porti dall’altra parte” (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.5/2024)

Avevi 5 anni, quando mi hai detto questa frase. Era estate, eravamo al mare. Era la prima vacanza di noi tre. Io mi ero appena separata da papà e si iniziava una nuovavita. Solo io, te e tua sorella. Quella mattina, c’era la bassa marea e decidemmo di fare una passeggiata sul bagna-asciuga. Era il momento ideale per camminare e cercare i tesori, lasciati dal mare quando si ritira. Ad un certo punto, abbiamo visto un isolotto, un piccolo atollo emerso, per effetto della bassa marea, e ci siamo detti: “Andiamo là, magari troviamo delle conchiglie bellissime”. Ma insieme alle conchiglie, c’erano anche i loro abitanti, tanti piccoli granchietti che camminavano, e tu avevi paura e volevi tornare in spiaggia. Allora, mi hai preso la mano, mi hai guardato negli occhi e con un tono imperativo, mi hai detto: “Adesso, tu, mi prendi in braccio e mi porti dall’altra parte!”. Ora, a distanza di tanti anni cosa pagherei per sentirmi dire questa frase! Ora, che non sei più su un’isola, ma nel profondo di un “buco nero”, come lo chiami tu. Vorrei che mi tendessi la mano e mi chiedessi: “Aiutami ad uscire e vedere di nuovo la luce. Aiutami a credere che ce la posso fare, che posso anche io avere una vita normale”. Ma so che tutto questo non può accadere. Perché solo tu, puoi fare questa scelta. Solo tu, puoi scegliere se aggrapparti alla vita o continuare a rimandare. Solo tu, puoi trovare la forza di combattere i tuoi demoni e scoprire il bello che c’è in te. Solo tu, puoi affrontare le tue paure e imparare a credere nelle tue capacità. Solo tu, puoi gridare forte la tua rabbia e piangere il tuo dolore, per ricominciare a vivere.

Paola Mi-Wagner

Ho imparato la pazienza, l’ascolto, l’umiltà, la fiducia  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Ciao a tutti sono Lucia, mamma di un dipendente. In FA ho potuto comprendere che la tossicodipendenza di mio figlio era una malattia e non uno spregevole vizio come ho sempre creduto. Questo ha significato molto. Da quel momento ho potuto distinguere mio figlio dal dipendente, riconoscendogli così la dignità e il rispetto che a ogni persona sono dovuti, indipendentemente dalla condizione. Nonostante credessi di sapere, in fatto di dipendenze ero molto ignorante: le testimonianze degli altri membri mi hanno fatto conoscere le loro complesse e molteplici sfaccettature. In FA mi ha accompagnato fisicamente mio figlio e di questo gli sarò sempre grata...Grata perché nonostante la sua fatica (era in recupero in NA da tre mesi) ha avuto la forza di pensare a me, alla mia sofferenza. Ora lo riconosco come un atto di amore, degno della bella persona che è... che in fondo è sempre stato ma che noi famiglia (lui per primo) avevamo perso di vista nei lunghi anni della dipendenza. L’ ultima sfuriata con mio figlio è stata al telefono, lui che mi urlava con tutta la rabbia che aveva in corpo...LASCIAMI ANDARE! L’inizio del suo recupero per me ha significato disoccupazione... dal controllo, dal seguirlo in ogni dove... dal pensare a lui tutto il giorno, tanto d’aver perso completamente il senso della mia vita. Lo avevo lasciato andare... certo... ma non per convinzione…ero sfinita… mi ero arresa, portavo nel mio pesante fardello il fallimento e la sconfitta, avevo perso la battaglia più importante della mia vita, non ero stata in grado di aiutare mio figlio, tutto era in sofferenza... la famiglia, il lavoro, i rapporti sociali... Tutto ciò che volevo era uscire da quell’inferno. Ricominciare a vivere la mia vita, rimettere ordine nel caos in cui mi trovavo non è stato facile. Conoscere la malattia di mio figlio mi ha permesso anche di riconoscere la MIA MALATTIA e quanto questa fosse stata disastrosa per lui, per me... per la nostra famiglia. FA mi prometteva il cambiamento ed io mi ci sono aggrappata a quella promessa, a quei volti dei membri che ho incontrato per la prima volta in stanza, che nonostante le loro pesanti storie riuscivano a sorridere e ad essere sereni. Loro ce l’avevano fatta, allora forse potevo farcela anch’io… non sapevo come e cosa avrei dovuto fare ma ci ho creduto. Ci è voluto tempo, tanta pazienza e ascolto, umiltà e fiducia nel chiedere aiuto. Nonostante desiderassi cambiare la mia vita e mi impegnassi per farlo, è stato molto difficile all’inizio comprendere e mettere in pratica il programma...tanto faticoso...dovevo mettere in discussione ogni mio pensiero, ponderare ogni mia azione...a volte era perfino così scomodo!!! Lentamente a piccoli passi (per me grandissimi da compiere!) l’orizzonte ha iniziato a schiudersi, ho iniziato a vedere i primi sprazzi di sereno...la fatica iniziava ad avere un senso. Grazie al gruppo, al lavoro scritto dei Passi con il mio sponsor e grazie al Potere Superiore, che ora sento sempre vicino, la mia vita è cambiata. Con mio figlio e nella mia famiglia si è instaurato un clima rispettoso e sereno nonostante le difficoltà che quotidianamente si presentano. Così è anche in tutti gli altri ambiti della mia vita. Oggi mi sento una persona diversa, a tratti migliore, consapevole delle mie fragilità e dei miei limiti, ogni giorno mi impegno al meglio delle mie capacità per il mio star bene e lo star bene di chi mi sta vicino...ora so che è possibile e che questo dipende da me e dal mio Potere Superiore a cui mi affido nelle scelte più difficili. Rivolgere i riflettori su di me con onestà, prendermi cura del mio tempo, ascoltarmi, dedicarmi a me stessa, ha significato rendere ai miei cari il loro spazio, i loro tempi... ho imparato ad amare me stessa e loro in modo sano. Che grande conquista poter essere sé stessi, quante pesanti catene ha sciolto in me il programma! Ho ancora tanta strada da fare, ma so che non sono più sola, il programma ora è un alleato, ho imparato che in qualsiasi situazione posso contare sui suoi preziosi strumenti. Sono profondamente grata alla vita per tutto ciò, per la sua infinita abbondanza. Grazie a tutti per l’ascolto e un grazie di cuore a quanti si sono impegnati per la buona riuscita di questo Nazionale. 

Lucia, Gruppo FA “Mai soli” - Brescia 

Amo mio figlio e non la droga!  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Sono Miria, mamma di un uomo di 57 anni tossicodipendente, sposato, divorziato con due figlie grandi. Purtroppo ho scoperto la tossicodipendenza di mio figlio forse troppo tardi; ora non posso dire se mio figlio è in recupero o no ma lo spero. Ho provato di tutto ed ho fatto di tutto ma inutilmente per proteggere mio figlio, finchè dopo averlo allontanato diverse volte dalla mia casa, dove lui si era rifugiato dopo il divorzio, finalmente ho avuto la forza di cacciarlo definitivamente. Continuava a implorarmi chiedendomi di tutto, dal mangiare ad accompagnarlo dappertutto, e soprattutto mi chiedeva soldi . Ho pagato di tutto dai b&b, agli spacciatori, ai suoi debiti finchè ho conosciuto la mia salvezza: Familiari Anonimi. Non è che ho capito subito come funzionasse questa fratellanza, anzi mi ci è voluto del tempo anche perché spesso ricadevo nelle sue manipolazioni. Come risposta ai miei “no” lui ha cominciato a farmi spiacevoli azioni, non alla mia persona ma a cose che appartenevano a me, tipo rovinarmi la casa, la macchina e così via. L’ho denunciato fino ad arrivare all’allontanamento di 300 metri da me. Un pomeriggio si è presentato alla mia porta chiedendomi ancora soldi; al mio rifiuto, mi ha detto che si sarebbe tagliato le vene. Non so chi mi ha dato la forza di dire “Fai come vuoi!”. A quel punto ho chiamato la polizia e lui, impaurito, è andato via, ma i carabinieri sono venuti ugualmente e hanno proceduto alla denuncia che ha procurato poi il suo arresto. Tutto questo gli è costato un processo e una pena di 18 mesi di carcere. Ora è uscito ed è rimasto nella cittadina dove era stato trasferito in detenzione. Spero che lui ora sia pulito ed abbia capito che io ho fatto tutto questo solo per salvarlo, perché penso che ora non ci sarebbe più. Io come tutti i genitori amo mio figlio e non la droga, e non ringrazierò mai abbastanza Familiari Anonimi e tutti i componenti di questa grande famiglia che mi ha accolto e dove posso parlare senza mai essere giudicata. Miria, Gruppo FA Roma Prati Fiscali 

Grazie a FA, dopo un lungo cammino, mi sono recuperata  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Sono Chiara e sono la mamma di un tossicodipendente, pulito da molti anni. Oggi posso dire di aver ritrovato mio figlio, che è tornato ad essere lucido ed affettuoso. Posso testimoniare che l’ incontro con FA ha significato l’ inizio di un percorso verso la salvezza per me e la mia famiglia; pertanto avrò per sempre gratitudine nei confronti di questa Fratellanza. Quando partecipai al primo incontro in FA, più di venti anni fa, ero stremata sia moralmente che fisicamente: tutto quello che avevo fatto per salvare e proteggere mio figlio si era rivelato una continua sconfitta. Ricordo di essere stata accolta con affetto e calore e che mentre, tra le lacrime, raccontavo la mia dolorosa storia una mamma mi porse un fazzoletto e mi tenne una mano stretta alla sua. Mi sentii subito in un posto sicuro, dove nessuno mi giudicava, ma anzi, tutti i partecipanti attraverso le loro condivisioni espresse in tono pacato, mi facevano capire che anche loro avevano provato o ancora combattevano con lo stesso “ inferno”, ma avevano imparato a gestire il dolore. Fui sollevata quando mi spiegarono che la tossicodipendenza è una malattia, di cui non avevo colpa, ma fui davvero sconcertata quando mi fecero capire la mia impotenza nei confronti delle azioni di mio figlio mentre potevo recuperare la mia dignità e serenità. Capii che solo così avrei potuto influenzare positivamente la mia relazione con lui. Continuai a partecipare ad ogni incontro attivo, talvolta andai cinque volte in una settimana! Il cammino è stato lungo e difficile: lasciar andare e non controllare mio figlio mi sembrava impossibile ma, un giorno alla volta, con il supporto dei passi, delle condivisioni e della mia indimenticabile sponsor, ho intrapreso la via del recupero. Sono ricaduta nella codipendenza parecchie volte ma rialzandomi ogni volta mettendo in pratica i principi del nostro programma. In particolare mi dedicavo allo studio di “Aiutare” e alla “ Preghiera della serenità”. Concludendo, vorrei dire che il mio modo per ripagare il debito di gratitudine è trasmettere il messaggio di FA a chiunque stia in difficoltà. Oggi posso dire di applicare i principi di FA in tutti gli ambiti della mia vita, riuscendo ad affrontare con fermezza e serenità i problemi quotidiani anche gravi. Chiara, Gruppo FA Roma Prati Fiscali 

Dovevo modificare solo me stessa, il mio atteggiamento  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

La porta della camera rimaneva a lungo chiusa, la finestra spesso aperta ed un esame universitario che tardava ad essere sostenuto. Ho saputo che mio figlio faceva uso di stupefacenti dopo essere entrato un giorno nella sua camera ed avere trovato un accendino sulla scrivania e della stagnola tra le pagine di un libro di studio. Inizialmente, ho cercato di capire se la cosa fosse occasionale, ma presto mi sono reso conto che non era così. Dopo aver condiviso la situazione con la famiglia, ho ufficialmente assunto il ruolo del ‘buon’ padre che doveva assolutamente aiutare il figlio maggiorenne a smettere di drogarsi. L’ho obbligato più volte ad andare al SerD (ci andava ma poi smetteva); dallo psicologo (non ho problemi perché andarci?); a firmare una delega a mio favore sulla privacy (il giorno dopo negata) ed infine l’ho perdonato anche per qualche ammanco di denaro. Dopo lunghi tre anni non avevo ancora capito che mio figlio si doveva assumere la responsabilità delle sue azioni. Qualsiasi tentativo di soluzione era vano; il dialogo sempre più inesistente; la rabbia e l’isolamento con gli amici e parenti sempre maggiore. L’intera famiglia ne era coinvolta, senza una via d’uscita. Non sapevamo più cosa fare e avevamo bisogno di un forte aiuto; io compreso. Fino a quel momento non avevo trovato nessuno che mi avesse fatto capire che dovevo modificare il mio modo di pensare e cambiare il mio atteggiamento. Quando mio figlio non si è presentato ad un incontro con il SerD per decidere quale comunità dovesse frequentare, subito ci siamo chiesti: ed ora che facciamo?!… il SerD ci ha detto che senza la sua presenza non potevamo decidere nulla. Vi possiamo solo suggerire di frequentare un gruppo di ‘mutuo aiuto’ dal nome FA, presente fuori provincia. Al momento avevamo inteso che l’esperienza che potevamo fare ci avrebbe dato le indicazioni per convincere nostro figlio ad accettare le nostre proposte. Piano, piano e con fatica abbiamo poi capito che ‘accettare le cose che non potevamo cambiare’ e ‘vivere un giorno alla volta’ erano degli slogan utili per riprendere in mano la nostra vita. Allo stesso modo nostro figlio doveva fare tesoro delle sue esperienze e capire cosa era buono e utile per la sua ‘salvezza’. Frequentando FA abbiamo trovato la forza di allontanarci da lui; di poter decidere una vacanza; di disinteressarsi delle conseguenze delle sue azioni. Con lo studio dei Dodici Passi, le condivisioni di gruppo e la consapevolezza degli errori commessi abbiamo migliorato la nostra relazione familiare. Finalmente ora lo riesco a riabbracciare con serenità ed essere consapevole che ogni sua azione è una sua scelta; io posso solo amarlo.

Luigi, Gruppo FA Robegano (VE)

Il coraggio di una scelta difficile  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Sono la mamma di una giovane donna tossicodipendente da molti anni. Anni in cui ero disperata ed esausta nel vedere mia figlia distruggersi e non poter aiutarla ad uscire dalla sua dipendenza. La nostra vita era diventata un’ inferno. Finalmente, nel 2021 ho conosciuto FA grazie alla psicologa del SERD, e il gruppo FA piu’ vicino era a Vicenza a 60 km di distanza. Dal primo momento che sono entrata nella stanza, mi sono sentita accolta, ascoltata senza giudizio, e non piu’ sola. Ho cominciato a sentirmi meglio condividendo il mio dolore con altre persone che mi capivano, e questo mi ha portata, con l’ aiuto del SERD che ci ha trovato una stanza, ad aprire, insieme ad altri compagni di viaggio, un gruppo nuovo nella zona in cui abito. Lavorare il programma e, soprattutto le condivisioni, mi hanno dato il coraggio e la forza per fare la scelta più difficile della mia vita, quella di non voler più mia figlia dentro casa. È stato molto doloroso, anche perche’ era inverno e mia figlia ha dormito per diverso tempo in auto. Sapevo però che quella era la scelta più giusta da fare per me, ma, soprattutto per lei, così che si assumesse la responsabilità delle sue scelte. Intanto io ho cominciato a lavorare sulla mia rabbia, che ne avevo davvero molta, e a comprendere che mia figlia aveva una malattia. Ho intrapreso così un percorso che mi ha portata a distinguere mia figlia dalla droga e a cambiare i miei atteggiamenti nei suoi confronti. Sono diventata più gentile e compassionevole, adottando così il DISTACCO CON AMORE. Ora sono trascorsi 2 anni che mia figlia non vive più con me. Si è trovata un lavoro ed abita in una casa disabitata con il fidanzato. È ancora in uso, ma abbiamo recuperato un rapporto. Ogni tanto ci vediamo e parliamo con tranquillità. Sono ritornata ad amarla accettandola senza giudizio e, questo lei lo sente Io continuo il mio recupero in questa meravigliosa fratellanza e oggi sono più serena. Il nostro gruppo è diventato numeroso e siamo una grande famiglia che si supporta e si vuole bene. Di questo sono molto grata a questo MIRACOLO chiamato FA che mi ha aiutato anche ad essere una persona migliore. Io non perdo mai la speranza che la mia adorata figlia possa un giorno decidere di farsi curare ed avere una vita che meriti di essere vissuta, ma sono anche consapevole che questo lo può decidere soltanto lei. Io la posso soltanto amare ed affidarla ad un Potere Superiore che le illumini il cammino.

Mara, Gruppo FA Robegano (VE)

12 cose che non farò mai piu’ (e 3 che continuerò a fare)  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Lo dichiaro subito: prima di conoscere F.A. ho fatto una lunga serie di errori. Più che errori, a riguardarli oggi, sarebbe appropriato definirli orrori. Roba che se un amico mi avesse chiesto: “Dimmelo con sincerità, sto facendo questo e quest’altro, che ne pensi?”, gli avrei risposto senza esitare: “Tu sei completamente fuori di testa!”. E invece ero io a commettere quegli errori e lo facevo in buona fede, convinto di fare il bene di mio figlio. Sono tanti e probabilmente non basterebbe lo spazio che ho a disposizione. Per cui ho pensato di selezionarne 12, che è un numero familiare nella nostra fratellanza: 12 Passi, 12 Tradizioni, 12 errori.

Cominciamo:

1. Ho minimizzato una serie di pratiche che poi si sono rivelate propedeutiche alla dipendenza. Ho consentito a mio figlio (io che non ho mai fumato) di farsi periodicamente quella che lui chiamava una “cannetta”: ma non esistono le “cannette”, esistono le “canne” e sono pericolose. E gli ho consentito (io che sono astemio), di farsi alla sera una “birretta”: ma non esistono le “birrette”, esistono le “birre” e sono pericolose, specialmente se sono delle Tennent’s da 9° e chi le beve ha la malattia della dipendenza.

2. Gli ho pagato i debiti che contraeva, con la promessa che sarebbe stata l’ultima volta. Ma non era mai l’ultima volta.

3. Ho pagato pure i debiti falsi, architettati con il compare di turno, dando credito a motivazioni spesso ridicole.

4. Sono arrivato a trattare personalmente con gli spacciatori, confidando che in questo modo avrei potuto parcellizzare la dose giornaliera e, soprattutto, l’avrei tenuto lontano da certi ambienti e certa gentaglia.

5. Ma lui ambienti e gentaglia ha continuato a frequentarli, tant’è che quando la situazione degenerava mi sono ritrovato ad affrontarli, chiedendo più di una volta aiuto al mio fedele e inflessibile (lui sì) rottweiler.

6. Gli ho messo soldi in mano, accettando che sarebbero serviti per regali di compleanno (senza chiedermi come facesse lo stesso amico a festeggiare il compleanno tre quattro volte in un anno) o per vestiti (che regolarmente portava a casa senza confezione e soprattutto senza scontrino).

7. Gli ho messo sotto il sedere una moto T-max da 500 cc, che per un dipendente è come dargli una pistola con il proiettile in canna.

8. Gli ho prestato la mia macchina, con l’aggravante che al danno del sicuro incidente si aggiungeva la beffa di non poter poi utilizzare l’auto.

9. Sono andato a riprenderlo in luoghi impensabili a orari impensabili, mollando di punto in bianco qualsiasi cosa stessi facendo.

10. Gli ho ricomprato cellulari, tablet e televisori che perdeva (così diceva lui) o gli rubavano (così diceva lui) o distruggeva (di questo sono testimone oculare), nella convinzione che non ne potesse fare a meno.

11. Ho pagato gli avvocati, nei processi ai quali è stato sottoposto.

12. L’ ultima è meno grave, e probabilmente fa sorridere se paragonata alle altre, ma la voglio inserire nel lotto perché indicativa di un atteggiamento che, impedendogli di pagare per i suoi errori, ne ha ritardato la crescita: trent’anni dopo il mio, ho praticamente preparato al suo posto l’esame di maturità, per non privarlo di un titolo che nel suo futuro (pensavo) gli sarebbe servito.

È più o meno a questo punto del mio percorso che ho incrociato F.A. e, gradualmente, ho preso consapevolezza che quegli errori erano il frutto della paura, della negazione, della mia incapacità di dire NO a mio figlio, della mia codipendenza. Così ho cominciato a cambiare atteggiamento e, di riflesso, anche mio figlio ha cominciato a prendere consapevolezza della sua malattia e a iniziare quello che mi piace definire il suo cammino verso la guarigione.

A proposito: a fronte dei miei 12 errori, che F.A. mi sta aiutando a tenere lontano, tengo anche a confessare che ci sono 3 comportamenti che non ho cambiato e che non ho nessuna intenzione di cambiare:

1. Non ho mai smesso di parlare con mio figlio.

2. Non ho mai smesso di sperare che un giorno riuscirà a uscire dalla dipendenza.

3. Non ho mai smesso di dormire la notte. Probabilmente si tratta di un dono fortuito, legato a un’indole involontariamente zen.

O magari, mi piace crederlo, è un effetto del punto 2.

Luigi, Gruppo FA Roma Eur/Laurentina

Ho imparato moltissime cose della mia malattia   (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Ringrazio gli interventi che mi hanno preceduto per aver evidenziato due aspetti importantissimi del mio percorso di recupero dalla malattia che mi ha colpito quale padre di un tossicodipendente: la fiducia e la voce del cuore. Per tutto il tempo in cui mio figlio ha vissuto sotto il dominio delle droghe non facevo altro che disprezzare la sua esistenza ed accusarlo di essere “sempre” stato un incapace, un buono a nulla, un totale fallimento e di non aver “mai” saputo prendersi le sue responsabilità e di essere la causa di ogni dolore e sofferenza che io e mia moglie vivevamo. Quando l’abuso lo aveva ridotto in una condizione di evidente e grave rischio per la propria vita, arrivando a pesare poco più di 40 Kg., con il volto ed il corpo martoriato di croste, graffi e piaghe, mi resi conto che tutto quello che avevo detto e fatto fino ad allora, non era servito a niente. Nemmeno quando per tenerlo sotto controllo e in isolamento decidemmo di rinchiuderlo in casa e fare i turni: con l’idea che un periodo di tempo di astinenza lo avrebbe aiutato a superare tutto. Andavamo a dormire contenti per aver superato un altro giorno, finché scoprimmo che durante la notte continuava a farsi e la “roba” gli veniva passata dalla finestra! Mi tornò in mente un amico di infanzia che aveva avuto problemi di droga e lo chiamai per capire se potesse aiutarmi. Mi disse di dargli il suo numero di telefono e di non intromettermi più, dicendogli solo che qualora avesse avuto bisogno di aiuto, e desiderio di smettere lui avrebbe potuto aiutarlo. Mi disse anche: tuo figlio è “malato” di una malattia grave, mortale, che non può essere curata, e se non viene fermata porta certamente alle strade dell’ospedale, del carcere e del camposanto! Ma solo la sua volontà e la sua forza di astenersi da usare qualsiasi sostanza può fermarla”. Rimasi sconcertato da quanto mi era stato detto, ma avevo capito di non poter fare più nulla, se non sperare in lui, in quel figlio che probabilmente non avevo mai saputo ascoltare, sostenere, incoraggiare e amare per quello che era, quel figlio che avrei voluto diverso da sé stesso. Quando gli diedi il numero di telefono lo abbracciai e gli dissi che, se avesse voluto ce l’avrebbe fatta, che non mi importava nulla di tutto quello che era accaduto fino a quel momento, di quello che aveva fatto; che credevo in lui ed avrei fatto qualsiasi cosa mi avesse chiesto per aiutarlo ad uscire da quella tragedia. Sicuramente non era la prima volta che mi rivolgevo a lui senza criticare e giudicare ma, probabilmente, era la prima volta in cui gli parlavo con il cuore, in modo amorevole, fiducioso e positivo. Quell’ amico era pulito da sette anni, frequentava Narcotici Anonimi e collaborava con una Comunità di recupero. Mio figlio ci mise parecchi mesi prima di usare quel numero di telefono, ma quando lo fece cambiò la sua vita! Fu accompagnato alla sua prima riunione in Narcotici Anonimi e disse di essersi sentito per la prima volta “a casa”! Quando io e mia moglie fummo invitati a partecipare ad una riunione aperta per farci conoscere dove aveva deciso di andare per provare a salvarsi, quello fu anche il mio primo incontro con i Dodici Passi. Iniziai a frequentare Familiari Anonimi, più di dodici anni fa, ed ho imparato moltissime cose della MIA malattia che avevo coltivato per anni attraverso le mie distorsioni egoiche ed i miei difetti di carattere. Ero portato a vivere mille modi e forme di controllo, a manipolare, ad accusare, a confrontare, a sottomettere gli altri alle mie visioni, alle mie idee, alle mie esigenze, alle mie convinzioni e credenze. Quando iniziai a lavorare il Programma con uno Sponsor compresi che tutto ciò che facevo e dicevo serviva a rafforzare l’immagine che avevo o volevo dare di me, per nascondere la paura di non essere amato, di non essere ascoltato, compreso, accolto; la paura di non essere un padre all’altezza, un marito, un figlio, un fratello all’altezza. Familiari Anonimi mi ha insegnato a riconoscere la Paura e attraverso la Fede, la Fiducia, a superarla per accogliere con Gioia il presente. Mi ha insegnato anche a riconoscere l’Amore malato, connivente, iperprotettivo e l’Amore vero per aprirmi all’accettazione e al lasciar andare con amore, per accogliere la realtà e l’altro per ciò che è. Non so se il mio percorso possa aver NON OSTACOLATO il recupero di mio figlio che, solo per oggi, è pulito da più di undici anni. Ma so con certezza che senza la SUA volontà niente avrei potuto fare, e che quindi il suo recupero è tutto merito suo. So anche che devo alla sua malattia la possibilità di aver incontrato Familiari Anonimi, il Programma dei Dodici Passi, gli Sponsor che ho avuto ed il Potere Superiore, come io lo concepisco, che qui ho conosciuto, senza i quali non sarebbe stato possibile il mio cammino nel recupero e tantomeno la possibilità di realizzare con mio figlio una relazione totalmente nuova, di rispetto reciproco, di ascolto, comprensione e stima!

Serene 24

Alberto, Gruppo Fa Roma Gruppo Quadraro

In FA ho trovato il mio posto  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

Sono la mamma di un figlio tossicodipendente e una persona che è tornata a vivere. Sono partita sei anni fa da un luogo senza luce né aria, un luogo dove nessuno sapeva più dove andare e sono stata accompagnata da un Potere più grande di me in un luogo dove era tracciata una direzione e dove ogni mano ne stringeva un’altra. Mi è stata data un’opportunità e io ho voluto con tutta me stessa coglierla. Perché? Non capivo niente del Programma, non accettavo posizioni e atteggiamenti, ma non avevo nulla da perdere e qualcuno mi teneva lì, mi “costringeva” a tornare. Mi sono data tempo e oggi, dopo sei anni, sei lunghi anni, non ho alcun dubbio: ho trovato il mio posto. Il mondo attorno a me continua a girare come sempre, quella che è cambiata sono io. La riprova di questo l’ho avuta a Roma, alla Assemblea Nazionale. La nostra fratellanza, da poco costituitasi in Associazione, ha aperto le porte al “mondo” e il mondo sta venendo a lei. Si sono seduti con noi Professionisti in vari settori, incuriositi e attratti dal nostro agire, decisi a dare il loro contributo per formare un cerchio di sostegno attorno ad un problema che trascina persone sensibili e fragili verso il baratro. Ognuno con le proprie competenze, ognuno con il suo punto di vista, ognuno con i propri mezzi e il proprio coraggio ma tutti desiderosi di conoscersi, di superarsi, di fare cerchio. Mi sembra un bel modo di vivere questo: nessuno è sufficiente a sé, nessuno detiene la verità ma ognuno è una tessera necessaria a completare il puzzle della vita.

Donatella, Milano Wagner

“Ti voglio bene mamma”  (tratto dal Messaggero della serenità anno 1 n.6/2024)

“Mamma”. Quanta gioia, quando sentiamo per la prima volta questa parola. Un suono leggero, sottile quasi impercettibile, ma con un grande significato. Il riconoscimento di essere qualcosa di prezioso per nostro figlio. Il ricordo di quell’istante ci accompagna per tutta la vita, ci emoziona ancora quando lo facciamo emergere dalle nostre menti, ci commuove. E con quanto amore conserviamo i primi biglietti di auguri per la nostra festa, i primi pensierini o il primo tema sulla mamma. Crescendo utilizzate questa frase per diverse situazioni:

• Per ringraziarci

• Per adularci

• Per conquistarci

• Per chiedere scusa

• Per dire “mi dispiace”

• Per farci sentire importanti

Ma, ad un certo punto, non la udiamo più. E non perché siete cresciuti, siete diventati adulti e trovate inappropriato dire spesso questa frase, ma perché vi allontanate, diventate sempre più distanti, quasi sconosciuti. Ricordo, che nei periodi di incomprensione tra noi, quando non sapevo più chi fossi e mi ferivi continuamente, un giorno mi portasti un pacchettino, all’interno c’era un portachiavi a forma di cuore, con scritto 4 semplici parole:

“Ti voglio bene Mamma”

Ed è in quel momento che ho compreso tutta la tua sofferenza, le tue lotte interne e i tuoi contrasti che ti portavano sempre più lontano dalla realtà, fino a rifugiarti in quell’oblio chiamato DIPENDENZA.

Paola, Milano Wagner